Umore
Il finire dell’estate sulle note dell’Holiday Blues
L’estate sta finendo e circa il 30% dei vacanzieri italiani soffre della sindrome da rientro, Holiday Blues, così la chiamano gli americani. E il sole? Anche la mancanza dei raggi solari influisce sul nostro umore.
Un volta finite le vacanze tanto agognate, alcune persone possono soffrire della depressione post vacanza, o della sindrome da rientro come la definisce Walter Pasini, direttore del Centro Oms per la Medicina del turismo. Quando si ritorna alla normale routine dopo un periodo di riposo più o meno lungo, soprattutto se tale periodo è stato estremamente piacevole, si possono manifestare dei disturbi o dei sintomi che variano da persona a persona.
Il rientro significa tornare a lavoro, al traffico della città, alle corse per accompagnare i figli a scuola, alle scadenze, agli orari da rispettare ecc. Più è lunga ed intensa la vacanza più la depressione può essere acuta.
Holiday blues si può tradurre in italiano appunto come “sindrome da rientro”, si manifesta generalmente con una serie di malesseri:
- Insonnia
- Cefalee
- Alterazioni dell’appetito
- Intolleranza ed irritabilità verso tutto e tutti
- Spossatezza cronica
- Calo della concentrazione
- Ansia da prestazione lavorativa
Sono questi alcuni chiari sintomi di quella che gli americani chiamano Holiday Blues (gli spagnoli la chiamano Post Holiday Syndrome) la breve depressione da vacanza e post-vacanza che dura da pochi giorni a una settimana al massimo. È un fenomeno che non riguarda solo chi ha un impiego ed è costretto a tornare alla routine dell’ufficio, o allo stress del traffico cittadino, ma riguarda tutti i vacanzieri, bambini, studenti, anziani e si manifesta, secondo alcuni studi condotti, circa nel 34% degli italiani. Anche se i primi studi su questo fenomeno hanno riguardato le vacanze di Natale è certo che l’afa insopportabile di questa torrida estate e il conseguente stress da affaticamento hanno certamente finito per favorire la diffusione di questo fenomeno che non conosce né confini né limiti d’età. Lo stesso Pasini avverte che gli aspetti psicopatologici del viaggio sono trascurati e che si tende a privilegiare la profilassi, il problema delle malattie infettive ecc. Invece la sindrome da rientro è un tema affascinante ancora tutto da studiare. L’esperto afferma che tuttavia oggi il fenomeno è meno diffuso che nel passato: «Qualche anno fa facemmo uno studio secondo cui la sindrome colpiva il 56% degli italiani, ora siamo al 34%. Questo perché cambiano i viaggi, si riducono i giorni di permanenza, e soprattutto con le mail e i telefonini non “stacchiamo” più del tutto, il contatto con la nostra realtà quotidiana non si interrompe mai completamente».
L’effetto negativo sull’umore, soprattutto nei soggetti tendenti all’ansia e/o alla depressione, può essere:
- una predisposizione fisiologica: si riducono i livelli ematici di melatonina, ormoni tiroidei, cortisolo e negli uomini anche di testosterone;
- di natura psicologica: si manifesta ritornando allo stress della città o legata alla routine-stress da lavoro e si presenta anche in chi tende ad avere troppe aspettative dalle vacanze e a considerare questo periodo come la ’soluzione’ o ‘ricompensa’ per tutti i problemi che si sono accumulati durante l’anno.
Il rito collettivo che associamo all’estate è la “vacanza” che etimologicamente significa “assenza”, “vuoto”. E infatti si configura come un momento in cui i soliti riferimenti vengono a mancare e si va altrove, al mare, ai monti, in viaggio, tutti i luoghi vanno bene purché siano un “altrove”. Un altrove dove ci si immagina di fare cose speciali, incontri speciali, divertimenti speciali, di cui parlare al ritorno per stupire parenti ed amici. Ma non sempre è così. I più esposti risulterebbero i cosiddetti “delusi dalla villeggiatura”, quando la vacanza risulta diversa da ciò che avevamo immaginato prima di partire. Si parte carichi di aspettative, sperando di risolvere in un breve periodo di tempo tutti i problemi accumulati durante l’anno ma quando si torna indietro ci si sente insoddisfatti, tristi e a volte in colpa per aver sprecato denaro senza essere riusciti a riposare e a godere appieno il periodo di vacanza tanto sospirato!
Anche il fuso orario o “mal di fuso”, può intensificare le sensazione negativa legata al rientro dalle vacanze: il jet lag interrompe il normale ciclo sonno-veglia e ci sottopone ad uno stress ulteriore per riacquistare il ritmo circadiano. I sintomi posso essere:
- disturbi del sonno
- calo del tono umorale
- malessere generalizzato
- stanchezza cronica
Questi disturbi colpiscono soprattutto le persone che hanno scelto come meta di viaggio Paesi con una notevole differenza di orario in confronto all’Italia. Da uno studio condotto dall’Osservatorio nazionale del Turismo emerge che gli italiani che hanno sofferto di jet lag quest’anno sono in netta diminuzione: i vacanzieri hanno preferito restare nel nostro Paese, con un incremento delle prenotazioni in Sicilia, per un totale di 18 milioni di persone; invece circa 7 milioni hanno scelto mete estere, prima fra tutte la Spagna.
Un modo per poter affrontare al meglio lo shock da rientro potrebbe essere quello di seguire pochi consigli ma utili:
- evitare di rientrare la sera dell’ultimo giorno di vacanza per poi tornare a lavoro il giorno successivo
- affrontare gli impegni gradualmente, cercando di rientrare nella routine in modo meno brusco e senza sovraccarichi
- mantenere qualche sana abitudine acquisita in vacanza come leggere invece di guardare la televisione
- cercare di fumare meno
- camminare ed usare meno la macchina
- praticare qualche hobby di artigianato
- visitare musei o andare al cinema
- dedicarsi ad un disciplina sportiva
Un altro consiglio riguarda l’alimentazione, una dieta sana ed equilibrata, ricca di acidi grassi omega3 può aiutare a combattere lo stress, aumentando le difese immunitarie e favorendo la vitalità del sistema nervoso centrale, esercitando una funzione antidepressiva.
E IL SOLE?? CHE RUOLO GIOCA SUL NOSTRO UMORE?
Il sole è il grande protagonista di questo periodo dell’estate: l’esposizione ai raggi solari, oltre a conferire alla pelle un bel colore ambrato, ha un effetto positivo sull’umore e fa sì che la nostra capacità cognitiva non venga danneggiata soprattutto quando si è colpiti da depressione. Nei paesi nordici in cui i raggi solari sono carenti in gran parte dell’anno, si registrano i picchi più alti di depressione e di suicidio, motivo che spinge a sottoporre i bambini a “sedute” di irradiazione con raggi UVA proprio per prevenire la depressione. Il sole influenza, infatti, l’azione di neurotrasmettitori importanti come la serotonina, il “messaggero del buon umore”; altri studi hanno poi dimostrato che il sole influenza il flusso di sangue nel cervello, fatto legato alla funzionalità cognitiva.
Ma in che modo i raggi solari riescono a influenzare la nostra psiche?
Recenti ricerche nel campo della psiconeuroimmunologia hanno dimostrato che la luce solare, e soprattutto quella del mattino, sarebbe un’ottima stimolatrice di alcuni meccanismi biologici che appunto influiscono sensibilmente sul nostro umore. La luce solare favorisce l’attivazione del sistema neuroendocrino e dell’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide-surrene con una conseguente sensazione di benessere che in alcuni casi arriva a coinvolgere anche l’intero stato di salute del nostro corpo. I raggi del sole agiscono sui ricettori della serotonina, forse il più importante regolatore dei nostri stati d’animo, così da influire sul nostro umore. Succede così che tale stimolazione agisce positivamente non solo su chi è semplicemente di malumore ma anche su chi soffre di sindromi depressive, soprattutto di tipo esogeno, cioè dovute principalmente a fattori ambientali.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Environmental Health, diretto da Shia Kent, dell’Università di Alabama a Birmingham mostra una chiara associazione tra perdita di funzioni cognitive e scarsa esposizione al sole, ma solamente tra le persone che presentano un disturbo depressivo. Ne è emerso che «fra gli individui affetti dal “male di vivere” – spiega Shia Kent, – la scarsa esposizione al sole è associata con una probabilità significativamente più alta di danni cognitivi. Questa relazione rimane costante in tutte le stagioni».
Si tratta di dati che confermano come il clima non solo influisca sull’umore, ma anche sulla funzione cognitiva, con notevoli implicazioni per il trattamento della depressione, soprattutto quando compare in determinati periodi dell’anno.
Tali considerazioni sono state confermate anche da una ricerca condotta presso l’Istituto Scientifico Ospedale San Raffaele, Dipartimento di Scienze Neuropsichiche e l’Università “Vita-Salute San Raffaele” di Milano. Non a caso la medicina ha ormai assodato l’esistenza di una vera e propria depressione stagionale, detta anche SAD (Seasonal Affective Disorder), che si manifesta nei periodi dell’anno con minor luce solare (e quindi compare in inverno e scompare in primavera-estate).
Dalle ricerche effettuate sulla popolazione dei vacanzieri del nostro Bel Paese e dalle considerazioni fatte sulle abitudini degli italiani e sulle loro aspettative si evince che nonostante la “crisi” l’italiano non rinuncia alle vacanze alla tintarella e al meritato riposo. Malgrado le abitudini siano cambiate nel tempo, la costante “ferie” resta a far parte del nostro costume, chissà se la prossima estate sarà di nuovo sinonimo si sole cocente..e di sindrome post-vacanza!
Bibliografia
- Il Corriere della Sera
- Rivista scientifica: Environmental Health 2009
- “Meno Male” – Consigli generali per il paziente artrosico; Guido Rovetta, Patrizia Monteforte, Giorgio Maggiani