Salute
L’orologio interno

Il tempo e lo spazio sono dimensioni fondamentali per la nostra esistenza e per la comprensione della realtà. Con le nuove tecnologie fatte di reti di computer, internet, biblioteche virtuali e telefoni cellulari, lo spazio sta gradualmente perdendo il suo valore. Al contrario il tempo si sta sempre di più affermando come l’elemento cruciale dei nostri giorni. Il tempo è anche un elemento essenziale per le attività di tutti i giorni, dal ciclo sonno-veglia al camminare, dal parlare al giocare e all’ascoltare la musica.
Il tempo e la psicologia
Da oltre un secolo, il tempo è divenuto oggetto di studio della psicologia sperimentale. Per quanto riguarda lo studio della percezione del tempo è possibile far risalire l’inizio dell’era moderna al volume fondamentale degli Annals of the New York Academy of Science di John Gibbon e Lorrain Allan’s, del 1984. Da quel momento in poi questo campo di studi è esploso. Così come era già avvenuto per altre discipline della psicologia cognitiva e comportamentale, furono raccolti una grande quantità di dati e si svilupparono moltissimi metodi sperimentali.
Gli esseri umani e gli altri animali mettono in atto una vasta gamma di comportamenti che dipendono molto dal momento della giornata e dalla capacità di valutare brevi durate di tempo. Al contrario di quanto avviene per la durata di molte ore nell’arco di una giornata, che è mediata dal sistema circadiano, nelle valutazioni di durata tra i secondi e i minuti, entra in gioco un diverso sistema chiamato “interval timing”.
È importante percepire intervalli di breve durata?
È sempre più evidente che l’interval timing è di cruciale importanza per molte forme di adattamento e di apprendimento. Un chiaro esempio deriva dagli studi delle difficoltà di apprendimento e di memoria nei pazienti con danni ai gangli della base, come i malati di Parkinson o della Còrea di Huntington.
Una recente ricerca riporta i dati ottenuti con una procedura di bisezione temporale svolta con sei soggetti di controllo, tre pazienti con lesioni cerebellari, quattro affetti da Alzheimer e quattro da Parkinson, testati in un periodo in cui non erano in cura farmacologica. È interessante notare come i pazienti affetti dal Morbo di Parkinson avessero maggiori problemi nella stima della durata, a conferma del coinvolgimento dei gangli della base, particolarmente compromessi in questa patologia, nelle operazioni di timing e nella percezione del tempo. Per rendere più completi questi studi sono state sviluppate tecniche specializzate per lo studio dell’interval timing negli esseri umani che si avvalgono anche dell’utilizzo della risonanza magnetica funzionale e di altre tecniche di neuroimaging.
L’ “orlologio interno”
Ci sono molti motivi per credere che gli esseri umani e molti altri animali siano dotati di una sorta di orologio interno che consente di percepire le diverse durate. Gli umani possono discriminare in modo molto accurato gli stimoli temporali e sono sensibili a piccole perturbazioni nel ritmo e nella struttura musicale. La stima degli intervalli di tempo è un’importante abilità adattiva, essenziale per prendere decisioni e per il controllo motorio.
I dati raccolti dalle prove di valutazione del tempo hanno influenzato lo sviluppo di un numero molto elevato di teorie psicologiche riguardo all’interval timing. Tra queste teorie spicca la SET “Scalar Expectancy Theory”, una teoria che spiega molti dei dati comportamentali, e che è stata anche utilizzata per interpretare e guidare i lavori sull’anatomia e la farmacologia del tempo, nel tentativo di identificare i meccanismi neuropsicologici responsabili di questi comportamenti. Secondo questo modello la percezione del tempo, metaforicamente associata ad un orologio, consiste in un pacemaker, un interruttore e un accumulatore. Il pacemaker, con sede nei circuiti frontostriatali, emette delle pulsazioni con una forma di distribuzione semplice. Se l’interruttore è spento queste pulsazioni entrano nell’accumulatore il quale può essere resettato da un altro interruttore. Quando arriva il rinforzo, il numero delle pulsazioni presenti nell’accumulatore viene archiviato nella memoria. Quindi nella memoria sono presenti un crescente numero di esempi di momenti di rinforzo che vengono poi utilizzati come “termini di paragone” nei processi decisionali.
Un senso ancora misterioso
Ad oggi le domande non risposte su questo “senso misterioso” di cui l’uomo è dotato sono moltissime. La ricerca sta facendo passi da gigante per raggiungere un punto di vista più chiaro sull’argomento ma ancora oggi non sappiamo con certezza se esiste un sistema unico di decodifica degli stimoli temporali o se a durate diverse vengono coinvolte strutture cerebrali diverse. La sfida di una maggiore comprensione di questi meccanismi è molto interessante. Aspettiamo nuove notizie dal mondo scientifico per aprire un nuovo capitolo che chiarisca maggiormente il meccanismo del nostro orologio interno.
NOTE BIBLIOGRAFICHE
Buhusi, C.V. & Meck, W.H. (2005). What makes us tick? Functional and neural mechanisms of interval timing. Neuroscience, 6, 755-765.
Dragoi, V., Staddon, J.E.R., Palmer, R.G., & Buhusi, C.V. (2003). Interval timing as an emergent learning property. Psychological Review, 110, 124-144.
Gibbon, J. (1977). Scalar expectancy theory and Weber’s law in animal timing. Psychological Review, 84, 279-325.
Lee, K-H., Egleston, P.N., Brown, W.H., Gregory, A.N., Barker, A.T., & Woodruff, P.W.R. (2007). The Role pf the Cerebellum in subsecond Time Perception: Evdence from Repetitive Transcranial Magnetic Stimulation. Journal of Cognitive Neuroscience, 19, 147-157.
Malapani, C., & Rakitin, B. (2003). Interval timing in the dopamine-depleted basal ganglia: from empirical data to timing theory. In W.H. Meck (Eds.), Functional and neural mechanisms of interval timing (pp. 24-58). Boca Raton, FL: CRC Press.