Gestione del conflitto
Il conflitto può essere definito come “una situazione in cui le forze di valore approssimativamente uguali ma dirette in senso opposto, agiscono simultaneamente sull’individuo” (K.Lewin).
Può manifestarsi come uno scontro tra il desiderio di raggiungere una meta o di appagare un bisogno e un’istanza interna o esterna che non ne permette il conseguimento. Si parla quindi di:
- Conflitto intrapsichico: quando rimane confinato nell’interiorità dell’individuo e si esplica tra desideri, mete o sentimenti in contrasto tra loro, dove la soddisfazione e l’espressione degli uni provoca la frustrazione degli altri, o, adottando il modello pulsionale freudiano, tra pulsioni inconsce libidiche o aggressive e le difese al loro appagamento.
- Conflitto interpersonale: si manifesta quando i bisogni, gli obiettivi e il modo di vedere le cose si scontrano con quelli degli altri.
LA GESTIONE DEL CONFLITTO INTERPERSONALE
Di solito si tende ad attribuire una valenza negativa al conflitto proprio perché il mancato soddisfacimento delle proprie esigenze può provocare disagio, frustrazione e rabbia. Spesso, inoltre, i contrasti con gli altri provocano un malessere derivante dal timore che un confronto con loro sia destabilizzante e rappresenti una minaccia alla propria autostima o alla relazione stessa.
Tali vissuti possono determinare la scelta dell’evitamento dei conflitti per scongiurare il verificarsi di conseguenze ancora più difficili da affrontare. In realtà se ben gestiti, i conflitti, possono diventare occasioni di crescita personale e di miglioramento della qualità delle relazioni, quello che conta è, infatti, il modo in cui si reagisce alla situazione conflittuale. Per gestire al meglio le diverse divergenze nel contesto delle relazioni, è necessario concentrare l’attenzione sulle modalità comunicative che generalmente si adottano, ed essere disposti ad usare delle tecniche efficaci che permettano il raggiungimento di una mediazione soddisfacente per sé e per l’altro. È altrettanto necessario essere disposti ad aprirsi a punti di vista alternativi e ad abbandonare schemi rigidi di pensiero fondati su una visione dicotomica (torto/ragione; giusto/sbagliato).
In particolare per la gestione dei conflitti sono necessarie tre dimensioni:
- La consapevolezza delle proprie emozioni: nelle situazioni conflittuali è molto presente la componente emotiva e, spesso, lo stato affettivo prevalente è la rabbia. La reazione emozionale si esplica attraverso l’attivazione del sistema vegetativo che comporta una risposta in tutto il corpo. È utile non controllare, né reprimere uno stato affettivo perché fornisce delle informazioni precise su di sé e su come si reagisce in una determinata situazione. Un’accurata auto-conoscenza aiuterà a scegliere la modalità comportamentale più efficace, momento per momento.
- L’ascolto empatico: l’ascolto attento dell’altro implica la capacità di aprirsi a una lettura della situazione diversa dalla propria, come se il proprio punto di vista fosse soltanto uno dei tanti possibili perché rispecchia la personale “mappa del mondo”. Ciò comporta il non rifiutare o squalificare l’altro o ciò che propone ma accettare la sua personale visione della realtà.
- La gestione creativa: dall’incontro di diversi modi di interpretare una situazione, si può arrivare a una sintesi creativa che consenta il soddisfacimento dei bisogni e dei desideri delle persone coinvolte. Per questo è necessario mettere a fuoco il problema, chiarire gli interessi di tutti e affrancarsi dalle modalità di risoluzione inefficaci usate fino a quel momento.