Psicoterapia cognitiva
La psicoterapia cognitiva si basa sui principi della psicologia cognitiva e, limitatamente, del neocomportamentismo clinico. Generalmente di durata medio/breve, si finalizza sulla realizzazione di una ristrutturazione cognitiva e dei processi mentali che generano vissuti e cognizioni disfunzionali per il paziente.
L’obiettivo dell’intervento è quello di portare il paziente a modificare concretamente i processi di pensiero problematici, lavorando quindi sui sintomi manifesti piuttosto che sulle cause inconsce.
Molto impiegata nel trattamento dei disturbi d’ansia e dell’umore.
Cenni storici
Padri del primo cognitivismo possono essere considerati Albert Ellis e Aaron T.Beck i cui approcci enfatizzano la dimensione individuale e cognitiva dell’essere umano a scapito della dimensione relazionale e affettiva rivalutata e reintegrata invece dal secondo cognitivismo, di impronta costruttivista, derivati dal lavoro pionieristico di George Kelly (che tra l’altro non si definiva “cognitivista”).
Mentre il primo cognitivismo appare di stampo più “sintattico” e razionalista, il secondo diviene più “semantico” e prende in considerazione i significati soggettivi dell’esperienza vissuta.
Le critiche mosse soprattutto al primo cognitivismo, volte a sottolinearne la meccanicità e la superficialità dell’approccio, sono state parzialmente superate dagli approcci basati sul secondo cognitivismo, che sono riusciti a diffondersi anche in Italia col nome di approcci cognitivo-costruttivisti o post-razionalisti.
Caratteristiche principali dell’intervento
Anche se in linea teorica può esistere una terapia “esclusivamente cognitiva”, nella pratica si opera quasi sempre una congiunzione sinergica e funzionale tra l’approccio cognitivo e quello comportamentale, si parla quindi normalmente Terapia Cognitivo-Comportamentale cui si rimanda per ulteriori approfondimenti.