Alimentazione
Le emozioni e il cibo ai tempi del Covid-19

L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo ha sconvolto la vita quotidiana di ognuno di noi. Nelle situazioni difficili e stressanti, come quella provocata dalla pandemia da Covid-19, sono molti i pensieri e le emozioni che si susseguono nella nostra mente.
Catapultati in una realtà precaria è comune provare solitudine, tristezza, rabbia per la privazione/restrizione della vita sociale, l’incertezza economica, le limitazioni all’esercizio fisico, alle attività ludiche a cui si aggiunge la paura del contagio.
Tutto questo favorisce l’uso del cibo sia come sedativo per emozioni troppo intense, sia come riempitivo in risposta alla sensazione di vuoto che si può provare. Il cibo, quindi, diventa una valvola di sfogo o di autoconsolazione; dà gratificazione immediata, fa sentire appagati saziando la cosiddetta “fame emotiva”.
Cos’è la fame emotiva?
Per Fame Emotiva (emotional eating) si intende quel comportamento alimentare in cui un individuo risponde a una situazione emotivamente carica e stressante alimentandosi in modo incontrollato e ipercalorico che può portare a vere e proprie abbuffate (ovvero al consumo di porzioni esagerate in poco tempo).
L’individuo mangia sull’onda di particolari stati emotivi, solitamente sgradevoli, come rabbia, paura, tristezza, frustrazione, ansia, stress, noia e così via.
La fame emotiva, nonostante preveda l’atto del mangiare, si differenzia dalla fame fisica; infatti, al contrario della fame fisica, ovvero di quel bisogno fisiologico di energia che l’organismo riceve dai nutrienti, la fame emotiva arriva quando processi cognitivi, di pensiero, ricercano cibi specifici (i cosiddetti ‘‘comfort food’’, che generalmente sono cibi ipercalorici). Per tale ragione, è improvvisa e urgente, e spinge a mangiare in modo incontrollato e senza sazietà.
La fame emotiva viene avvertita nella testa e non nello stomaco, pensando al sapore e all’odore del cibo di cui si ha voglia, è mossa da un desiderio ed è caratterizzata da un mangiare inconsapevole che porta a finire una scatola di biscotti o pacco di patatine senza averne sentito il sapore.
Questo comportamento genera, subito dopo, un senso di colpa e di vergogna che può portare alla ricerca di ulteriore conforto nel cibo generando un circolo vizioso.
Come gestire la fame emotiva?
Le modalità di gestione delle situazioni di disagio, in questo periodo in particolar modo, sembrano giocare un ruolo importante nella manifestazione della fame emotiva. L’utilizzo di strategie adattive nella gestione delle situazioni di malessere e di stress potrebbe proteggere dal cosiddetto ‘‘mangiare emotivo’’.
Tra “i mangiatori emotivi” si incontrano persone consapevoli di esserlo e che, bloccati in questo circolo vizioso, non riescono a uscirne e poi vi sono quelli inconsapevoli che associano le problematiche legate al peso a credenze erronee come metabolismo lento, problemi ormonali o problemi alla tiroide, i quali credono che un medicinale o un intervento risolva il problema.
Per riuscire a spezzare il circolo vizioso della fame emotiva appare necessario partire dal riconoscere le proprie emozioni, accettarle ed esprimerle.
Accettare le emozioni significa “starci dentro”, lasciarsi attraversare da esse, osservando e attendendo. Lo stesso vale per l’attacco di fame emotiva: prima di soddisfare questa fame, aspettare, non agire e non seguire l’impulso ma prendere un momento per fermarsi a riflettere. Questo può far scoprire che in realtà, dietro quel moto, c’è un desiderio inespresso che non è il cibo.
Successivamente è importante passare alla ricerca e apprendimento di modalità alternative per fronteggiare lo stress, l’ansia, la tristezza, la solitudine o la noia, imparando anche a contrastare il desiderio irrefrenabile di mangiare.
Concentrarsi su attività di svago o passioni messe in disparte, fare sport, condividere le proprie emozioni con persone di fiducia sono valide alternative che possono essere d’aiuto.
Quando da soli non si riesce a rompere questo circolo vizioso è bene rivolgersi a degli specialisti qualificati prima che il problema si cronicizzi.
Nell’intervento psicologico il soggetto viene guidato ad affrontare le problematiche emotive che hanno causato la fame emotiva e viene rinforzata la capacità di autocontrollo. Inoltre si avvia un processo di rieducazione alimentare attraverso l’acquisizione e lo sviluppo di un’alimentazione consapevole.
È importante ricordare che la fame nervosa non riguarda la mancanza di volontà ma un rapporto sbagliato col cibo e la difficoltà ad adottare strategie e tecniche più appropriate per gestire i problemi sottostanti il comportamento alimentare disfunzionale. Per questo è importante farsi aiutare nel processo di consapevolezza che porta a scoprire qual è il desiderio/bisogno che si cerca di ottenere con il cibo per ritrovare uno stile alimentare più equilibrato.