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L’ipocondria è rosa?

L'ipocondria è rosa?
Psicologo Psicoterapeuta
Aree di Competenza: Ansia e Depressione, Ben-essere, Dipendenze
Cell.: 3282133464

L'ipocondria è rosa?

Recenti studi hanno dimostrato che le donne sono maggiormente inclini a preoccuparsi per la propria salute e a lamentarsi più facilmente rispetto agli uomini, tanto da manifestare disturbi di ipocondria nonostante le rassicurazioni del medico. Questi dati riportano nuovamente l’attenzione sulla relazione nella nostra cultura tra donna, corpo ed immagine di sè.

Una recente ricerca svolta dalla Cambridge University evidenzia come le donne nella fascia d’età tra i 35 e 74 anni, siano maggiormente predisposte allo sviluppo di patologie quali l’ipocondria nonostante siano generalmente più sane degli uomini. Secondo i dati dell’Office of National Statistics (ONS), le donne sarebbero molto più propense, rispetto agli uomini, a lamentarsi dichiarando malattie o acciacchi nonostante le probabilità di morire nei 5 anni successivi siano meno alte di quelle degli uomini.

 I dati riscontrati da un censimento svolto nel 2001 sui territori dell’Inghilterra, Galles, Irlanda del Nord e Scozia, evidenzierebbero che su più di 750 mila persone, le donne sono maggiormente predisposte alla manifestazione dell’ipocondria rispetto agli uomini. Viceversa, gli uomini sembrerebbero maggiormente restii a sottoporsi a visite e controlli, tanto da far preoccupare circa gli interventi di prevenzione, i medici inglesi che, avrebbero proposto di ingaggiare proprio le donne, per spingere gli uomini ad essere un po’ più preoccupati della propria salute.

Il termine “ipocondria” deriva dal greco ed indica la parte superiore dell’addome, sotto le costole. In effetti, l’ipocondria rientra tra i disturbi somatoformi ossia tutti quelle patologie che hanno come tema centrale il corpo e l’immagine di quest’ultimo.

Potremmo affermare che l’ipocondria è un’idea peggiorativa dello stato d’integrità o di salute del corpo. Per questo motivo, la persona prende come riferimento il vissuto del proprio corpo non integro e lo elabora arrivando a sviluppare un’idea patologica del proprio sentire. Il corpo è vissuto come danneggiato. Costantemente in primo piano, diventa il riferimento principale tanto da rileggere ogni sentire come associato ad una specifica condizione patologica, propria del corpo.

Sempre secondo Cambridge, le donne sarebbero più degli uomini, preoccupate per la propria condizione di salute tanto da lamentarsi di più e chiedere più spesso l’ausilio di farmaci al fine di curare anche un semplice mal di testa. Sembra, infatti, emergere da questa ricerca che sempre più le donne si recano al pronto soccorso per chiedere aiuto ed essere ascoltate da un medico. Una semplice tachicardia magari conseguenza dell’ansia, o un semplice starnuto, metterebbe in allarme le donne tanto da sviluppare in loro l’idea della presenza di una patologia più o meno grave cui attribuire un nome e per la quale, trovare una cura efficace.

E’ evidente che l’ipocondria sia una patologia notevolmente debilitante. La persona non utilizza la lamentela come mezzo di comunicazione della propria condizione, ossi non la utilizza come mezzo di seduzione. Piuttosto la persona ipocondriaca utilizza questo strumento al fine di allontanare e controllare. Tenere lontano l’altro, è necessario al fine di giustificare a se stesso, il motivo per cui non si è interessati ai rapporti interpersonali. Questo comportamento porta alla progressiva compromissione dei rapporti personali e sociali. 

In generale, la persona ipocondriaca sviluppa una certa tendenza all’autosservazione ed al controllo del proprio corpo, tanto che, anche le relazioni familiari, possano esserne esasperate. Ad esempio se l’ipocondriaco decide di attuare qualche comportamento di controllo su di se, per preservare la propria salute, spesso tende ad applicare le stesse regole, imponendole a tutta la famiglia.  La sfiducia di fondo verso gli altri che non riescono realmente a comprendere il proprio malessere e la preoccupazione, la diffidenza nei confronti dei medici che non riescono ad individuare ciò che non va, a dare la cura giusta, portano la persona ipocondriaca a sviluppare diffidenza e ostilità.

Dobbiamo comunque ricordare che i pazienti che soffrono d’ipocondria sono sinceri in merito alle loro preoccupazioni. Non tentano di esagerare i propri sintomi e non desiderano mentire a proposito della propria salute. Questo, li spinge a rivolgersi al medico in relazione a reali necessità fisiche che, tuttavia, solo raramente risultano correlate ad una qualche forma di malattia organica. Questo comporta che spesso, l’ipocondriaco, decida di fare tutto da solo. Poiché molto orgoglioso, si sente capace di darsi la cura giusta, poiché, generalmente, è anche molto esperto delle questioni mediche.

Nonostante questi dati, molte donne sembrano non concordare con queste conclusioni. In passato nella psicoanalisi l’ipocondria era considerata la manifestazione maschile di ciò che nella donna era invece l’isteria in cui l’uso del proprio disturbo è utilizzato contrariamente a quanto avviene per l’ipocondria, per mettersi in relazione, per aprire un rapporto con l’altro attraverso la manifestazione concreta di un sintomo che nel corpo è espressa pienamente.

Ciò che risulta però come l’elemento costante è l’associazione che si fa pensando al corpo nell’immaginario femminile. Isteriche o ipocondriache sembra che sempre le donne manifestino un rapporto con il proprio corpo piuttosto conflittuale, tanto da rendere questa correlazione donna-corpo come ancora sempre molto presente nella nostra cultura.

Nonostante i dati statistici clinici non sembrino concordare con la ricerca di Cambridge, tanto da considerare l’ipocondria comunque una patologia trasversale all’uomo e alla donna, l’idea che emerge nel guardare la realtà che ci circonda è che sempre più la donna ha il dovere quasi ormai implicito, di curare il proprio aspetto fisico, la propria immagine e la propria salute andando oltre a ciò che è inteso come normale preoccupazione, tanto da far del corpo spesso un campo di sperimentazioni non sempre riuscite.

Ad esempio recenti studi hanno stabilito che le donne che subiscono chirurgia cosmetica al seno hanno maggiori probabilità d’avere storie di malattia psichiatrica di quelle sottoposte ad altri interventi di chirurgia plastica.  Sembra inoltre che secondo uno studio pubblicato sulla rivista Epidemiology,  tra le donne con protesi al seno, siano spesso presenti tentativi di suicidio tanto che un numero sempre crescente di chirurghi plastici tende a consigliare alle pazienti che richiedono tale intervento chirurgico un’accurata visita psichiatrica preventiva alla ricerca di patologie mentali passate e presenti. Recenti studi hanno già stabilito che le donne che subiscono chirurgia cosmetica al seno hanno maggiori probabilità d’avere storie d’ospedalizzazione psichiatrica di quelle sottoposte ad altri interventi di chirurgia plastica.

I momenti della vita più importanti che generalmente sono considerati anche fasi di riassestamento della propria esistenza, possono portare la persona a considerare i fattori somatici ed i loro inevitabili cambiamenti, come collegati a situazioni conflittuali o traumatiche ad esempio la perdita del posto di lavoro, la separazione tanto da sviluppare una precisa frustrazione: quella di non poter controllare e prevedere tutto. La consapevolezza dell’assenza di controllo può sviluppare vero e proprio terrore. La paura di lasciarsi andare, la possibilità di non controllare nell’ipocondriaco, rendono concrete il timore presente costante, che una patologia, magari inaspettata, possa cambiare completamente la propria vita.

Imparare a prendere coscienza della precarietà della propria esistenza, consente di vivere la vita con maggior leggerezza, can maggior sicurezza. Imparare a conoscere se stessi può significare accettare i propri limiti e accogliersi per ciò che si è senza la necessità di aderire a modelli prefissati e senza vivere ogni cambiamento come pericoloso o drammatico.

Bibliografia

www.repubblica-salute.it

Basaglia F. Il corpo nell’ipocondria e nella depersonalizzazione, Riv. Sper Fren 48, 170, 1956

Cardona Il problema dell’ipocondria, Rass. Stud Psich., 723, 1950


Paul J. Villeneuve, Eric J. Holowaty, Jacques Brisson, Lin Xie, Anne-Marie Ugnat, Louis Latulippe and Yang Mao, Mortality among Canadian Women with Cosmetic Breast Implants, American Journal of Epidemiology 2006 164(4):334-341

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