Salute
In coma per una plastica al seno…ma quanto costa la vanità?
Annabella, 35 anni, è condannata alla morte cerebrale per un intervento di chirurgia ricostruttiva del seno. Il suo encefalogramma è improvvisamente diventato piatto nella sala operatoria di una clinica privata di Caserta, ma la corsa verso la Rianimazione dell’ospedale Sant’Anna è stata inutile. I medici hanno tentato inutilmente di farla svegliare e ora le speranze di salvarla sono ridotte al minimo. Tutto per un intervento che è considerato di routine, che per gli esperti è a rischio mortalità zero.
Lo scorso 13 maggio Annabella si era fatta accompagnare da un’amica per l’operazione in day hospital, come una passeggiata per tornare a casa il giorno stesso. Ma le cose non sono andate così. Annabella è entrata in coma durante l’operazione. Lo scorso 19 maggio la denuncia ai carabinieri della compagnia di Caserta, che hanno subito sequestrato la cartella clinica dove si parla di sospetta ipossia cerebrale. Qualcosa ha impedito all’ossigeno di arrivare al cervello di Annabella.
Sulla vicenda interviene il professor Nicolò Scuderi, docente di Chirurgia plastica e ricostruttiva all’Università La Sapienza di Roma: “Possono essere intervenuti fattori non legati all’intervento in sé, come allergie o ipersensibilità all’anestesia oppure fattori da ricondurre alla responsabilità della struttura in cui è avvenuta l’operazione. Sarebbe importante capire se l’evento che ha portato al coma si sia verificato prima o dopo l’intervento, che in ogni caso, come tutti gli interventi chirurgici, porta con sé problematiche legate all’attività chirurgica in senso lato e non direttamente legate alla chirurgia plastica”.
• In Italia, il 70% delle donne tra i 25 e i 60 anni si è rivolta almeno una volta al medico estetico o al chirurgo plastico. Negli USA, secondo i recenti dati pubblicati dall’American Society of Plastic Surgeons, nei prossimi otto anni gli interventi di chirurgia plastica cresceranno del 100%. Ormai considerata un fenomeno di massa, la chirurgia estetica è diffusa in tutto il mondo: la globalizzazione della bellezza non conosce confini!
Sulle responsabilità legali e tecniche dell’intervento avvenuto a Caserta se ne occuperanno i carabinieri e le figure preposte a tali indagini, ma noi potremmo riflettere sul “costo” della nostra vanità, sui rischi che siamo disposti a correre pur di avere una “grazia” in più da mostrare e che ci fa sentire meglio con noi stessi e con gli altri. E’ colpa della nostra società? Un entourage che ci spinge forse inconsciamente, ad essere perfetti, impeccabili, sempre più vicini ai modelli che ci propongono i mass media?
Saremmo tentati di pensarla così..ma da fonti certe sappiamo che se pensiamo all’attenzione nei confronti del proprio corpo come ad una moda attuale cadiamo in errore! La necessità di migliorare l’aspetto fisico si perde in epoche lontanissime. I primi interventi di chirurgia plastica ed estetica sembrano risalire addirittura agli antichi egizi: nel papiro di Edwin Smith (1700 a. C.), sono descritti con precisione un peeling chimico per eliminare le rughe o la ricostruzione di un volto per un trauma facciale. Altrettanto ricchi di particolari sono i testi sanscriti dell’antica India, dove erano particolarmente diffusi gli interventi di rinoplastica e otoplastica per ovviare alle mutilazioni di naso e orecchie previste dalla legge per punire gli adulteri e i prigionieri di guerra.Ma allora la vanità è innata e non c’è epoca storica o crisi econimica che tenga?
Fonti: La Repubblica.it – Homepage , Treccani, il portale del sapere