Genitori e Figli
Gelosia tra fratelli: riconoscerla e gestirla

È un istinto naturale quello di provare un sentimento di tenerezza e protezione alla vista di un neonato, di un bambino piccolo o di un cucciolo, un istinto che contribuisce alla sopravvivenza e alla conservazione della specie. Quanto più è piccolo un bambino tanto più desta interesse e attrazione negli altri. Questo è una delle situazioni che scatena la gelosia tra fratelli e più precisamente quella provata dal fratello maggiore verso quello o quelli più piccoli. Ma che cos’è la gelosia? Quali sono esattamente i pensieri alla base della gelosia? E quali possono essere le reazioni a livello comportamentale?
La gelosia è un’emozione complessa che implica cioè un certo grado di sviluppo cognitivo e di pensiero, è scaturita infatti dalla paura, più o meno consapevole, di perdere l’oggetto o la persona amata o desiderata e tale paura nasce necessariamente da un pensiero di perdita o dalla percezione di una minaccia di abbandono. Per definizione un bambino è egocentrico e tende a rappresentare l’ambiente e gli eventi dal proprio punto di vista. L”essere figlio unico fortifica questo aspetto di egocentrismo poiché i genitori e gli altri componenti della famiglia (nonni, zii, ecc) dirigono la propria attenzione verso di lui. L’arrivo di un fratellino o di una sorellina provoca improvvisamente un cambiamento che coinvolge tutta la famiglia e ancor di più il primogenito. Nonostante il bambino viva gradualmente la gravidanza della mamma per nove mesi, il momento della nascita è comunque un cambiamento abbastanza repentino, quando improvvisamente le attenzioni principali vengono convogliate sul neonato.
Possiamo affermare che la gelosia è un sentimento normalmente provato da ogni essere umano ed è positivo qualora abbia la funzione di mantenere vicino l’oggetto d’amore (genitori, giochi, coniuge, figli, ecc), diventa disfunzionale quando si manifesta attraverso un comportamento aggressivo, oppositivo, provocatorio o al contrario eccessivamente passivo.
Come comportarci quando ci rendiamo conto che cresce in un figlio la gelosia del fratello o della sorella? Prima di tutto è opportuno accettarlo senza negare i suoi sentimenti (evitando per esempio di dire: “Smetti di fare il bebè!”) in quanto questo passerebbe il messaggio che è sbagliato essere gelosi e si rischia di far sentire il bambino “cattivo” o “inadeguato”. È fondamentale invece accogliere le emozioni, confortare e provare a spiegare al bambino stesso il motivo e la fonte di alcuni suoi atteggiamenti.
Spesso notiamo dei comportamenti che apparentemente non sembrano collegati ad una forma di gelosia e finiamo per punire il bambino senza però capire veramente cosa prova.
Ricordiamoci che i bambini agiscono sempre in base alle emozioni e che di solito tali emozioni sono poco comprese o inconsapevoli e, quindi, non verbalizzate. Proviamo a individuare le reazioni e gli atteggiamenti più comuni derivanti dalla gelosia verso il fratello o la sorella:
- regressione ad uno stato più infantile (il bambino parla, “mugola” e agisce come un neonato; chiede più coccole; vuole essere aiutato nell’igiene personale dopo aver già acquisito l’autonomia; vuole bere attraverso un biberon; ecc);
- aggressività verso i genitori (piange spesso; fa i capricci; fa i dispetti; è oppositivo e provocatorio verso le richieste dei genitori; si mette sempre in situazioni che comportano delle punizioni; ecc);
- aggressività verso il secondogenito (infastidisce, pizzica, graffia, stringe, picchia e fa piangere il fratello soprattutto quando non viene visto dai genitori).
- eccessivo attaccamento al nuovo arrivato (lo abbraccia sempre, lo bacia eccessivamente, lo tratta come un bambolotto, ecc)
- ritiro emotivo (smette di mangiare; inizia ad avere disturbi del sonno; parla e interagisce poco con gli adulti; sembra disinteressato al gioco in famiglia; ecc).
Riuscire ad identificare tali aspetti come conseguenza di un’emozione specifica, permette di entrare nell’ottica di non colpevolizzare il figlio ma ciò non deve nemmeno portare i genitori ad assecondarlo.
Vediamo alcune strategie che possono aiutare a modificare il comportamento inadeguato (perchè ricordiamo che è il comportamento ad essere sbagliato e non il bambino!).
- Per far si che un comportamento svanisca, occorre, diversamente da quanto di solito si pensa, ignorarlo e non punirlo o brontolare. È opportuno invece approvare e rinforzare i comportamenti desiderati attraverso complimenti, sorrisi, abbracci o premi. Se si focalizza l’attenzione su un comportamento, qualsiasi bambino tenderà a riproporlo in futuro per poter godere nuovamente dell’approvazione perché ciò lo gratifica (ad esempio quando un bambino fa i versetti di un neonato è più efficace far finta di nulla e mostrarsi invece molto soddisfatti nel momento in cui agisce adeguatamente alla sua età: “Che bravo hai messo in ordine la camera! Sei proprio diventato grande!”).
- Per contenere le paure e le ansie del bambino si potrebbe intanto fargli capire che quello che sta provando è perfettamente normale, questo permette di dare un significato al sentimento e ridimensionarlo ad un piano di accettabilità. Potrebbe essere utile rinforzare positivamente il ruolo da fratello o sorella maggiore e dare delle responsabilità da bambino grande: aiutare la mamma a fare il bagnetto al fratellino, fare l’aiutante del papà per i lavoretti di casa, prevedere dei momenti e degli spazi di gioco da “grandi”, ecc.
- Punire solo i comportamenti più pericolosi: picchia il fratello, rompe gli oggetti, dice parolacce, ecc. Per essere efficaci le punizioni devono essere proporzionate al danno ed esplicitate preventivamente costruendo delle “regole di famiglia” che non possono essere assolutamente infrante pena la punizione stabilita. Il bambino deve conoscere concretamente le conseguenze di una sua reazione, solo in questo modo può acquisire l’autonomia e l’autodeterminazione e imparare a diventare responsabile delle proprie azioni. Un altro aspetto fondamentale di una punizione è la costanza e la corenza: se si promette una punizione, essa va inevitabilmente attribuita senza cedere a compromessi e soprattutto deve essere valida per tutti i componenti in modo equo.
- Interferire nella relazione tra fratelli il meno possibile, intervenendo solo nel caso si mettano in pericolo o non rispettino le “regole di famiglia”. Se non si conosce la dinamica del loro litigio è preferibile non schierarsi ma far capire che non importa chi ha iniziato perché entrambi hanno infranto delle regole.
- Evitare di colpevolizzare il maggiore con la giustificazione che il più grande deve essere più “furbo” o “intelligente” perché questo alimenterebbe le differenze tra i due e aumenterebbe il senso di frustrazione.
- Avere pazienza per ascoltare nostro figlio e capire che probabilmente dietro i suoi comportamenti ci sono dei sentimenti che non sa esprimere a parole e tocca all’adulto farlo al suo posto.
L’educazione e le regole necessitano di tempo, costanza e di coerenza, pertanto potrebbero occorrere diversi giorni, settimane o addirittura mesi prima di notare i primi cambiamenti e ciò non deve scoraggiare o far pensare che non ci sia rimedio!
Ogni strategia inoltre può e deve essere personalizzata al carattere e il temperamento dei componenti della famiglia e soprattutto alle abitudini di vita quotidiana per trovare o ricreare il giusto equilibrio.
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