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Elena: morire di dimenticanza

Ha tenuto con il fiato sospeso e poi commosso la storia della piccola Elena, vittima di una tragica fatalità, o forse vittima della fretta e del ritmo frenetico della nostra vita.
Il fatto
Lucio Petrizzi,un professore universitario dell’università di Teramo, sta andando al lavoro e porta con sé la figlioletta di 20 mesi, con l’intenzione di accompagnarla all’asilo nido, ma solamente 5 ore dopo si rende conto di averla dimenticata in macchina. Una corsa contro il tempo in ospedale, disappunto, speranza…disperazione quando, dopo una settimana, la piccola è morta per le complicanze riportate.
Ora è il momento del dolore, ma forse possiamo porci un interrogativo: ad uccidere la bambina forse sono state le eccessive richieste a se stesso di un uomo che cercava di adempiere i suoi compiti di marito, padre, professore, e di non deludere le aspettative proprie ed altrui rispetto a ciascuno dei suoi ruoli.
La tragica fatalità sta nel fatto che a pagarne le spese sia stata la piccola Elena, che probabilmente era una delle persone alle quali il padre dedicava maggiormente i suoi sacrifici.
Qualche riflessione…
Fa pensare questo episodio. Nella sua tragicità porta perfettamente alla luce il fatto che noi forse gestiamo in maniera superficiale una delle nostre risorse più preziose: il nostro tempo.
E’ vero che i ritmi della nostra società sono frenetici e ci portano a chiedere sempre di più a noi stessi, e ad andare costantemente “a mille”, ma a lungo andare il nostro corpo e il nostro organismo ci presentano il conto.
Possiamo leggere una dimenticanza come un segnale che il nostro organismo ci invia per diminuire la quantità di stimoli e di richieste. A noi il compito di ascoltarla oppure, meglio, di selezionare preventivamente i nostri impegni e la quantità di informazioni da tenere a mente, nella consapevolezza che le nostre risorse e la nostra possibilità di investimento sono limitate.
Proviamo a pensare alle nostre giornate: accanto al tempo previsto per il lavoro, per la famiglia, per tutto il resto, c’è il tempo per noi? Ci concediamo la possibilità di rallentare il ritmo della nostra vita per ricaricarci? Probabilmente la risposta per molti di noi è no. E’ in questi casi che dobbiamo forse riprendere in mano la nostra agenda e depennare ciò che è superfluo o, laddove non sia possibile fare ciò, trovare degli spazi per noi che, seppure possono sembrare “tempo sprecato”, sono in realtà delle parentesi necessarie, che ci consentono di affrontare con la giusta forza e concentrazione le nostre giornate.
Come gestire il proprio spazio personale?
Non c’è una risposta giusta, valida per tutti, ma ciascuno può farlo secondo le proprie necessità e, soprattutto secondo i propri desideri: palestra, passeggiata, yoga, musica, tecniche di rilassamento o, semplicemente, dolce far niente… L’importante è che sia la cosa giusta per noi.
Grazie al grande gesto d’amore dei suoi genitori, la piccola Elena continuerà a vivere nei bambini che hanno ricevuto i suoi organi.
La speranza è che la sua storia ci insegni a vivere e ad assaporare lentamente ciascuno degli attimi della nostra breve vita.
Fonti:
www.repubblica.it