Paure e Fobie
Educare alla paura

Significa aiutare il bambino affinché possa esprimere i propri timori, le proprie ansie in maniera esplicita. Significa aiutare il bambino a chiedere un sostegno in maniera chiara alla persona che può aiutarlo e che può farsi carico della sua sofferenza.
Educare alla paura, significa anche aiutare l’adulto a non collocare il suo intervento solo sul piano di una razionalizzazione che svaluta l’oggetto della paura del bambino. Significa porsi in discussione come soggetto capace di trasmettere sicurezza anche in quei momenti che il bambino percepisce come fortemente disorientanti.
Gestire la paura del bambino, rappresenta una sfida per l’intelligenza emotiva dell’adulto perché richiede la capacità di rispondere ad una emozione fortemente negativa, con un’altra emozione ma positiva, all’interno di un contesto affettivo. Per questo la paura del bambino diventa anche uno spazio prezioso di rinegoziazione nella relazione di aiuto, in quanto sollecita l’adulto a elaborare risposte fortemente empatiche, in cui sono in gioco le proprie valenze emotive di accoglienza e di rassicurazione.
Non si può diventare grandi senza attraversare lo spazio misterioso delle paure. Nel desiderio di autonomia è forte la percezione del rischio, ma il bambino sa che lungo questo cammino, può contare sulla presenza amichevole e stabile dell’adulto, purché non sia né invasiva né sostitutiva.
Una buona base di attaccamento, garantisce al bambino la possibilità di poter fare diverse esperienze, di osare, di provare a superare certi limiti. Se la base di attaccamento è sicura, il bambino potrà sperimentare, perché si sentirà sicuro e avrà meno bisogno di verificare continuamente la solidità della sua posizione di partenza.
Le paure del bambino in linea generale, esprimono incertezza nelle sue relazioni significative. Il coraggio di osare per lanciarsi in nuove avventure, anche quelle della propria quotidianità infantile, implica sempre la capacità di accettare il timore che deriva dall’ignoto, per cui si può anche dire che un bambino senza paure è un bambino che ha soffocato il proprio senso dell’avventura, che ha rinunciato a crescere.
Aiutare il bambino a comprendere le proprie paure significa aiutarlo a maturare un crescente livello di accettazione di sé e della sua autostima. Inoltre, imparerà a valutare quali sono le risorse che gli adulti rendono disponibili nei suoi confronti.
Per fronteggiare le proprie paure, è importante che i bambini imparino a percepire e riconoscere i segnali di disponibilità o di non disponibilità da parte degli adulti. Per questo educare alla paura deve essere intesa come un’educazione alla relazione e alla comunicazione.
Le paure dei bambini sono di diverso tipo: paura del buio, di rimanere da soli, di affrontare situazioni o ambienti nuovi, la paura di andare con persone diverse dai genitori, la paura di parlare davanti ad altre persone, la paura di giocare con altri bambini, la paura di sbagliare, di perdere qualcosa ecc…
Le paure sono sempre accompagnate da un forte senso di impotenza che mette in risalto i propri limiti. Questo porta a ricercare una relazione di aiuto competente al fine di riuscire a venire fuori dalla situazione di “pericolo”.
Nella paura, il bambino sperimenta allo stesso tempo i suoi limiti e la necessità dell’aiuto, per cui spesso il suo punto di vista e quindi la sua preoccupazione, si sposta dall’oggetto che incute timore al soggetto che potrebbe liberarlo.
Il genitore invece, tende a focalizzarsi sul contenuto della paura del bambino e si attiva per creare il rituale per fronteggiarlo: luci accese, controlli vari, ecc… Per il bambino diventa centrale la figura del genitore: dov’è mio papà, cosa sta facendo mamma, possono venirmi ad aiutare, posso andare io da loro, saranno in grado di sconfiggere il mostro ecc…
Partendo dalla paura del bambino, ci si può soffermare sull’importanza
– dei significati: tipica dei genitori, i quali cercano il senso degli avvenimenti, degli stati d’animo, con il preciso sforzo di risalire alle cause e ai meccanismi che scatenano la paura;
– sul ruolo delle relazioni: nel momento della paura i bambini non sono preoccupati né dall’oggetto della paura in sé, né dalla sua rappresentazione mentale, ma solo dalla vicinanza o meno dei genitori.
– sulle relazioni reciproche: in questo caso sono coinvolti bambino e genitore. Alla paura del bambino il genitore risponde con un atto che mira ad esorcizzare la paura, come se si trattasse di un nemico da sconfiggere con una tattica ben precisa e il rituale entra nel circuito della paura fino a farne parte integrante.
Il bambino a questo punto inizia a sviluppare una nuova forma di attaccamento, costruita intorno al rituale anti-panico a cui il genitore è strettamente collegato nei gesti, nelle parole, negli stati d’animo. Per il bambino quindi, vincere la paura potrebbe significare cancellare tutto questo. Spesso però lui ama il suo rituale più di quanto non tema la sua paura.
Per vincere la paura ognuno dei protagonisti deve giocare la sua parte, negoziando il proprio ruolo sulla falsariga dei bisogni dell’altro.
I genitori spesso si fanno prendere dall’ansia perché pensano di essere i responsabili delle paure dei propri bambini. Nel genitore, la ricerca del significato sembra essere collegata al bisogno di autoassoluzione, come se il genitore facesse fatica ad accettare di essere causa della sofferenza del figlio e senta un forte bisogno di individuare dei punti nevralgici esterni al sistema famiglia.
Spesso il genitore mette in gioco un meccanismo di negazione della propria responsabilità. La paura del figlio risveglia nel genitore le proprie paure di bambino, mettendo alla prova il sistema difensivo realizzato negli anni successivi, che spesso evidenzia delle grosse lacune.
Il non essere all’altezza della situazione, letto attraverso i meccanismi di paura non risolti del figlio, attiva dei sensi di inferiorità che sono alla base di un circuito vizioso difficile da interrompere. La responsabilità del genitore per le paure del figlio, va ricercata nell’incapacità di trovare delle misure di protezione efficaci nel momento in cui il figlio ne ha bisogno e le richiede. Diventare consapevoli di questo, porterà ad una collaborazione tra genitore e figlio nel risolvere lo stato di paura.
Alcuni consigli per i genitori:
– Non svalutare le paure del proprio bambino
– Offrire aiuto
– Essere empatici, quindi saper comprendere e accogliere l’esperienza del bambino
– Non dire: “Non ti preoccupare, tanto prima o poi passerà…”
– Dare delle regole, mostrare o dire al bambino come poter fare bene le cose, ma non farle al posto suo
– Valorizzare le competenze del bambino
BIBLIOGRAFIA:
– Binetti P., Ferrazzoli F., Flora C.: “Ho paura” Edizione Scientifica Magi 1999
– Juul J.: “Il bambino è competente” Feltrinelli Editore 2003